Negli Stati Uniti, quasi 360 casinò sono gestiti da comunità o famiglie di discendenti dei nativi americani. Può sembrare strano, ma è in realtà un business altamente regolato dal governo centrale. Questo, però non ha impedito che scoppiassero gravi casi di truffa e di veri e propri scontri (anche armati) tra membri della stessa comunità per questioni legate al denaro. Ecco come sono regolati e cosa c’è dietro al business dei nativi americani nei casinò degli Stati Uniti.
L’Indian Gaming Regulatory Act, la normativa che regola i casinò dei nativi americani
Nel 1987 la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì che i nativi americani avevano il diritto a gestire le case da gioco sui loro territori, senza dover rispettare le leggi americane. Dietro alle motivazioni di questa sentenza qualcuno ha letto una sorta di senso di colpa per ciò che le tribù native dei territori degli Stati Uniti d’America avevano dovuto subire nel corso della storia e continuavano a subire anche nel presente.
In ogni caso, si è trattato di una svolta storica. Praticamente, il massimo organo di giustizia degli Stati Uniti ha ammesso che i nativi americani dovevano essere liberi di gestire le attività come volevano. A questa sentenza, è seguita poi una vera e propria legge, l’Indian Gaming Ragulatory Act, la legge che ancora oggi regola e mette in pratica il volere della Corte Suprema.
Cosa succede in pratica
L’Indian Gaming Ragulatory Act stabilisce che i profitti derivati dalla gestione delle case da gioco debbano essere utilizzati per sostenere le comunità di nativi americani. In pratica, i membri di tali comunità dovrebbero ricevere altissime somme di denaro solo per il semplice fatto di essere parte di queste comunità: il principio è quello della redistribuzione interna, ma purtroppo le cose non vanno sempre come dovrebbero andare. Nella realtà, infatti, non sono rari i casi in cui in pochi cercano di appropriarsi di quello che spetterebbe per legge a molti. Si formano vere e proprie lotte interne tra i vari membri della comunità, per tentare di aumentare i profitti e ridurre gli “avversari” al silenzio.
Come si cerca di arginare il fenomeno
A cercare di regolare le questioni è l’FBI che però si trova a combattere una battaglia non equa. Per prima cosa, esistono circa 360 casinò suddivisi in 22 Stati: un numero troppo grande. Servirebbe una vera e propria task force dedicata a questo intervento. Inoltre, ed è quello che mette in maggior crisi il lavoro dell’FBI, ci sono dei problemi burocratici. Ne è un esempio lampante la sentenza della Corte d’Appello del Disctrict of Columbia, che ha bloccato un’indagine in corso perché di fatto violava il principio di “sovranità limitata” delle tribù dei nativi americani: questa sentenza ha di fatto stabilito che l’FBI non ha il potere di intervenire in questi contesti, classificandoli alla stregua di zone extraterritoriali.
Gli Indian casino, una soluzione per le comunità
Nonostante queste brutte notizie, bisogna anche riconoscere che molti Indians Casino sono in realtà business ben funzionanti e che aiutano davvero a sostenere delle comunità locali che altrimenti non avrebbero altri tipi di entrate. Chiamati genericamente Indian Casino, queste attività sono in realtà molto varie: si va dal casinò puro e semplice all’attività alberghiera, passando per la fornitura di servizi di lusso come spa e ristoranti. Sono strutture che attirano ogni tipo di turista e che sono presenti in tantissimi Stati, dalla California a New York.Grazie a queste attività, molte tribù sono riuscite a migliorare i servizi forniti ai propri membri, come scuole o servizi sanitari, migliorando le infrastrutture esistenti o creandone delle nuove. Bisogna quindi ammettere che l’idea di base dell’Indian Gaming Regulatory Act è sensata e, se usata in maniera corretta, molto efficace.